Live report dal concerto del 25 giugno al Parco della Musica (Cavea)
Grian Chatten che “urla” tutta la sua rabbia nell’atipico ritornello di I Love You sarebbe forse bastato come motivo per andare a vedere dal vivo i Fontaines D.C.. Delirio di onnipotenza del frontman di una delle più belle sorprese musicali degli ultimi anni, se non la più affascinante.
Di sicuro, è difficilissimo trovare un gruppo più in forma al momento della band irlandese, che al Parco della Musica di Roma ha chiuso la sua breve estate italiana, dopo la tappa toscana di Lido di Camaiore.
Quando uscirono i biglietti della data romana non esitai un momento, attirato tanto dalla possibilità di vedere i Fontaines per la prima volta dal vivo, quanto dalla location della Cavea, luogo ideale per un concerto. Né troppo grande né troppo piccolo, una capienza di cinquemila spettatori e un parterre privo di fantomatici “pit” e dove, anche arrivando tardi, vista e sonoro non perdono affatto.
Al termine del concerto scopro che dalla tribuna il suono non era dei migliori, mentre da sotto il palco non posso lamentarmi, il concerto è un godimento.
I ragazzi di “Dublin City” entrano sul palco appena dieci minuti dopo lo scoccare delle 21 e aprono le danze con Romance, title-track del nuovo disco in uscita il prossimo 23 agosto, e di cui ad oggi sono stati pubblicati due singoli, Favourite e Starbuster, anch’essi in scaletta. Romance per ora è suonata soltanto dal vivo ed echeggia perfettamente in apertura: sound gotico che non stonerebbe affatto come sigla di Peaky Blinders e che va ad esplodere nelle chitarre e nella batteria dell’outro. È il preludio alla ben più conosciuta Jackie Down the Line, con cui il pubblico inizia a scaldarsi.
Televised Mind, Roman Holiday, Big Shot, I Don’t Belong, Skinty Fia scandiscono in ordine la recita post punk dei Fontaines, malinconica e aggressiva allo stesso tempo.
Il primo brano da Dogrel, album d’esordio del gruppo, sarà Chequeless Reckless, a cui si andranno ad aggiungere Big, Too Real, Sha Sha Sha e Boys in the Better Land che fa urlare di gioia una ragazza dietro di me non appena parte il riff di chitarra. Non posso che approvare, è solitamente in scaletta ma è anche uno di quei consueti brani non troppo famosi ma di tutto rispetto, che sa coinvolgere appieno il pubblico. Uno dei più travolgenti senza dubbio del repertorio dei Fontaines D.C..
La batteria di Tom Coll è ovviamente in secondo piano rispetto al resto del gruppo. Al suo fianco, Chilli Jesson, chitarrista e tastierista passato da turnista a sesto componente della band.
Grian Chatten, vestito con tanto di kilt, si prende immancabilmente la scena, muovendosi per tutto il palco, salendo in piedi sulle casse di fronte a lui, tenendo il microfono in quella maniera che tanto ricorda Ian Curtis.
Ai suoi lati si posizionano le chitarre di Conor Curley e Carlos O’Connell, oltre all’immancabile basso di Connor Deegan, che indossa una maglietta da calcio verde che rievoca quella della nazionale irlandese.
Sarà che gli Irlandesi sanno cosa vuol dire combattere per l’autodeterminazione, sarà che rispetto a tanti altri gruppi non temono di esporsi a livello politico e sociale, ma i Fontaines D.C. non hanno mai negato il loro appoggio alla causa palestinese. Chatten, a inizio concerto, grida “Free Palestine”, coro a cui si unisce gran parte del pubblico. Insieme a Massive Attack e Young Fathers, i Fontaines hanno recentemente pubblicato l’EP “Ceasefire”, il cui ricavato è stato interamente donato alle unità di Medici senza Frontiere dislocate tra Gaza e la Cisgiordania.
Fotografia di Pasqualini/MUSA
Fotografia di Pasqualini/MUSA
La security sotto il palco apprezza ben poco il crowd surfing delle prime file, portando via un paio di ragazzi, che spero siano riusciti poi a rientrare in qualche modo. Da una parte c’è chi fa il suo lavoro, certo, dall’altra però è un concerto post-punk e il crowd surfing è una delle ultime espressioni di libertà rimaste nella società iper-consumistica in cui viviamo, piaccia o meno.
Non solo italiani, tra il pubblico anche inglesi e irlandesi, chissà se in vacanza o per quale altro motivo nella città eterna.
Il concerto dura un’ora e mezza circa, novanta minuti tiratissimi e ad altissimo livello. In altre occasioni, Red Hot Chili Peppers, Arctic Monkeys, il poco tempo sul palco degli artisti mi era andato giù meno. Questa volta l’esibizione è talmente intensa, le corde vocali di Chatten talmente messe alla prova, che va benissimo così.
Per l’encore serve un attimo di riposo, e dopo il consueto rientro sul palco, i ragazzi irlandesi distribuiscono rose alle prime file. Parte Starbuster, primo estratto dal nuovo disco, prima dell’ovvio e atteso finale di I Love You, canzone d’amore e odio dedicata all’Irlanda, nel cui ritornello compaiono riferimenti non troppo velati a orrori e ipocrisie del passato-presente dell’Eire.
A poco meno di due mesi dall’uscita del quarto album, i Fontaines D.C. sono come non mai sulla cresta dell’onda della scena internazionale. Torneranno in Italia a novembre per una data all’Alcatraz, già sold out. Non certo un caso. È il loro momento.
Scaletta Fontaines D.C. @ Auditorium Parco della Musica “Ennio Morricone”, 25/06/2024:
Romance
Jackie Down the Line
Televised Mind
Roman Holiday
Big Shot
I Don’t Belong
Skinty Fia
Chequeless Reckless
A Hero’s Death
Big
How Cold Love Is
A Lucid Dream
Too Real
Nabokov
Sha Sha Sha
Favourite
Boys in the Better Land
Starburster
I Love You